Merlo acquaiolo
E’ con piacere che pubblico un bellissimo articolo scritto da Alessandra Morgillo e pubblicato sulle Montagne Divertenti Numero 36 – Primavera 2016 (rivista di cui vi parlerò in un articolo apposito) accompagnato da alcune mie fotografie. A seguire il testo dell’intervista a chiusura dell’articolo.
Il gorgoglio dei ruscelli gonfi d’acqua del disgelo risuona giocoso nella natura che si risveglia. Se ci si ferma ad ascoltare da vicino la voce di un torrente, sarà molto probabile assistere all’esibizione di un solista, il cui canto dolce e melodico si distingue dal fragore monotono e stordente dell’acqua impetuosa. Volgendo lo sguardo nella direzione degli articolati gorgeggi, si potrebbe scorgere il rapido volo, radente alla superficie dell’acqua, di un uccelletto dal bruno piumaggio e, con un pizzico di fortuna in più, lo si vedrà fermo su un sasso in mezzo al torrente o intento a tuffarsi tra i flutti. Si tratta sicuramente del merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), Inconfondibile per la gola e il petto bianchi in contrasto con il dorso marrone scuro, che ricorda vagamente l’omonimo e diffuso merlo comune nei parchi e nei giardini, con il quale condivide solo la categoria sistematica di appartenenza dell’ordine dei Passeriformi. L’appellativo acquaiolo, invece, si riferisce alla straordinaria abilità di nuotatore, che dimostra quale alto livello di adattabilità i passeriformi siano riusciti a raggiungere. Seppur in grado di volare, il merlo acquaiolo ha scelto l’acqua limpida, gelida e inquieta come elemento principe per la sua esistenza: nuota sfidando le correnti, si immerge ed è in grado persino di camminare sul fondale, in una continua e frenetica ricerca di larve di insetti acquatici, molluschi e vermi, che preleva con il becco servendosi di quest’ultimo anche per sollevare e spostare piccoli sassi. Non disdegna di catturare piccoli pesci e spesso lo si vede riemergere dall’acqua con le sue prede addirittura volando o camminando con estrema naturalezza. Tutto ciò è reso possibile da una serie di adattamenti peculiari che rendono questo volatile un sub d’eccellenza: le sue ossa sono più pesanti di quelle degli altri uccelli, il fitto piumaggio è compatto e reso impermeabile da specifiche secrezioni ghiandolari, l’occhio è protetto da una membrana nittitante semitrasparente che consente la visione subacquea e persino l’orecchio viene ricoperto da una piega della pelle. Utilizza le forti ali arrotondate come propulsori per spostarsi sott’acqua bilanciando con la coda l’assetto del corpo e si ancora con le zampe ai ciottoli del fondo per resistere alle vorticose correnti.
È davvero affascinante osservare i tuffi e le evoluzioni in acqua del merlo acquaiolo, ma essendo di indole timida e sospettosa, quest’ultimo è solito allontanarsi non appena scorge la presenza umana ed è perciò abbastanza difficile da fotografare. La bella documentazione e le immagini suggestive dell’amico Maurizio Lancini mi hanno, quindi, fornito l’occasione giusta per descrivere questo singolare componente della nostra fauna ripreso nel suo habitat naturale e allo stesso tempo mi ha permesso di svelare alcune curiosità sulla fotografia naturalistica in montagna.
A – Il tuo progetto fotografico dedicato al merlo acquaiolo è scaturito da un incontro casuale o si trattava di un soggetto da tempo cercato?
M – Nulla di casuale, era un soggetto che mi ha sempre interessato, poi col tempo ho imparato a conoscerlo e mi sono appassionato. Frequento da anni l’alta Valle Camonica in provincia di Brescia dove le occasioni non mancano.
E’ un uccello molto particolare, vive nei corsi d’acqua, si procura il cibo sott’acqua ed ha un’attività frenetica. È indifferente alle temperature più rigide, si tuffa anche se c’è il ghiaccio e questo suo comportamento mi incuriosisce. Inoltre è anche bello esteticamente e l’ambiente in cui vive è fotograficamente molto stimolante.
A – In che periodo hai scattato le fotografie?
M – Preferisco fotografarlo in inverno perché è più affascinante il contesto che si può trovare. Bisogna sempre fare i conti con il freddo, direi che il più delle volte l’appostamento termina quando finisce la resistenza al freddo, ci si deve ovviamente vestire al meglio, ma quando la temperatura scende e si è in ombra non sempre si resiste a lungo. Il Merlo acquaiolo passa le sue giornate muovendosi nel suo territorio e cercando il cibo in acqua. Per fotografarlo non si devono necessariamente rispettare degli orari, a meno di esigenze fotografiche legate alla luce o a situazioni particolari.
A – Come sei riuscito ad avvicinarti abbastanza per ottenere dei ritratti così ravvicinati?
M – E’ un uccello molto territoriale quindi per trovarlo basta individuare il tratto di fiume che frequenta, per farlo può essere molto utile conoscerne il canto: spesso si fa prima a sentirlo che a vederlo. E’ molto diffidente quindi il più delle volte avvicinandosi all’argine del torrente fugge volando velocemente a pelo d’acqua. Per fotografarlo è indispensabile adibire un piccolo riparo anche solo con un telo fogliato utile per camuffarsi, consiglio di sfruttare la vegetazione se disponibile. Non uso capanni fissi perché preferisco cambiare spesso posizione: questo mi permette di costruire scatti nuovi con ambientazioni differenti.
A – Quel è la tua attrezzatura fotografica e di che tecnica ti sei servito per realizzare questi scatti?
M – Utilizzo un teleobiettivo con lunghezza focale di 300 mm ed in aggiunta un moltiplicatore 1,4x. Il Merlo acquaiolo è piccolo quindi se si studia bene il punto dove posizionarsi si riescono ad ottenere anche fotografie ambientate con un teleobiettivo. Fondamentale l’utilizzo del cavalletto perché spesso le condizioni di luce non permettono tempi di scatto in sicurezza, ricordiamoci che siamo su torrenti di montagna e spesso nel bosco con poca luce. Mi piace giocare con i riflessi e talvolta imposto i tempi lunghi per ottenere l’effetto velato dell’acqua, ma il soggetto non sta mai fermo e ciò comporta sempre una bella sfida.
A – Cosa ne pensi della fotografia agli animali selvatici ritratti nel loro ambiente?
M – Non credo che si possa ridurre la fotografia naturalistica ad una “raccolta” di immagini o di soggetti immortalati. Un soggetto va conosciuto prima dell’approccio fotografico, questo permette di ottenere le fotografie migliori e di avere comportamenti adeguati alle situazioni in cui ci si troverà. Del resto non ci si può non confrontare con i temi etici più ovvi, su tutti l’eventuale disturbo arrecato dal nostro comportamento. Col tempo ho capito che il primo nemico di qualunque risultato è la fretta, se hai passione per la fotografia naturalistica non puoi avere fretta di raggiungere tutto subito, la natura ha i suoi tempi, siamo noi a doverci adeguare. Le esperienze che si fanno seguendo determinati soggetti sono preziosissime e stimolanti, senza di esse per me non sarebbe la stessa cosa.