Fagiano di monte
Finalmente suona la sveglia. Sono le 1:50 di notte, quel finalmente potrebbe sembrare folle, ma è un anno che aspetto e la verità è che non stavo nemmeno dormendo a fondo. Mi vesto e parto. Incontro Ivan a metà strada, almeno da adesso scambiamo due parole e il viaggio è meno fatico. Una volpe, una cerva, una lepre comune lungo il percorso ci ricordano che la notte è viva e ci consigliano prudenza, nonostante la fretta.
Parcheggiamo, lo zaino è ovviamente pronto per non perdere tempo, basta infilare gli scarponi, agganciare gli sci e si parte. Oggi c’è tanta neve, impossibile andare a piedi. La luna è piena, il cielo sgombro di nuvole, c’è una luce bellissima e sufficiente per non utilizzare le pile frontali, è un’atmosfera davvero unica, rilassante. Siamo veloci più del previsto, meglio così: prima si arriva e meno c’è il rischio di disturbare.
Ognuno ha il suo punto dove montare il capannino, lo raggiungiamo e ci sistemiamo. Riesco finalmente a rilassarmi, se ne vanno tutti i dubbi dei giorni precedenti, la paura di non riuscire ad esserci, ormai si tratta solo di avere ancora un po’ di pazienza e scoprire se accadrà qualcosa. Più tardi una sottile linea rossa segna l’orizzonte: è l’alba che inizia. La luna è tramontata, è ancora molto presto, ma sulla neve iniziano a vedersi le prime ombre, ormai manca davvero poco. Sento un volo brevissimo, sordo, lo riconosco: sopra di me ne è arrivato sicuramente uno. Torna il silenzio, altri 10 minuti e poi un secondo volo. Questa volta è più riconoscibile, ma soprattutto fa il suo ingresso nell’arena il primo “vecchietto”. Resta fermo dove è atterrato, si guarda attorno sospettoso, io mi immobilizzo perché è il momento più delicato, guai a fare il minimo rumore. Passa ancora un minuto, continuo a guardare a destra e a sinistra per scorgere qualche cambiamento, ma niente. Si sente qualche “fischio”, poi ne arriva un secondo, quello sopra scende deciso, altri due arrivano zampettando proprio di fronte a me. Iniziano i rugolii, i fischi ed i combattimenti.
Sono 5 Galli forcelli, mai visti così tanti in questo posto: la natura quest’anno ha vinto.
Dopo 15 minuti, se ne vanno, siamo solo all’inizio della stagione del canto ed è normale, si sente il verso tipico di questo momento e dopo un istante si involano per non tornare più. Dopo un paio d’ore siamo ormai sicuri di potercene andare senza disturbarli, raccogliamo le nostre cose e ci incamminiamo arricchiti di un’altra bellissima esperienza.
ARENA DI CANTO
L’arena di canto è un’area ben definita dove ogni primavera convergono i maschi e si affrontano per definire la gerarchia e guadagnarsi il diritto ad accoppiarsi con la femmina. Si tratta di una zona aperta, delle volte ai margini del bosco, quasi sempre con alcuni abeti isolati e cespugli di pino mugo, vegetazione tipica degli ambienti frequentati dal Gallo forcello.
Alle prime luci dell’alba arrivano i maschi fermandosi ai margini dell’arena, dalle mie osservazioni quasi sempre in volo ognuno dalla stessa direzione. Il primo canto è il “soffio”: chùch-scccùiit, è il segnale che sono arrivati.
Gallo forcello al suo arrivo in arena mentre emette il tipico “soffio”.
Dopo alcuni minuti si sente il secondo canto il “rugolio”: ruurururuu…ruururuuù, ricorda un po’ il tubare dei colombi, un suono molto caratteristico e ritmico, il capo e il collo si abbassano e si dispongono quasi parallelamente al terreno, le ali sono molto basse fino a toccare terra.
Gallo forcello al suo ingresso in arena mentre fa il “rugolio”.
A questo punto i maschi entrano in arena, hanno inizio le varie parate con finti combattimenti, è un continuo susseguirsi di “soffi”, “rugolii” e piccoli voli o balzi con il maschio dominante che tiene a bada tutti i contendenti. I giovani si mantengono ai margini della zona degli scontri, guai avvicinarsi pena dover affrontare la cacciata decisa da parte dei vecchi.
Primi combattimenti.
Le volte che fa il suo ingresso anche la femmina i maschi si agitano e la gerarchia che giorno dopo giorno è stata costruita da i suoi frutti: il maschio dominante è quello che di solito la insegue sperando nell’accoppiamento che solitamente però avviene verso la fine del periodo del canto, la primavera a questo punto è inoltrata e ci sono le condizioni per la deposizione delle uova.
I combattimenti proseguono per decine di minuti, onestamente a parte aver rilevato che la permanenza in arena aumenta verso il periodo centrale del canto ed è più breve all’inizio ed alla fine, devo confessare che ho osservato giornate in cui i maschi si sono trattenuti a lungo ed altre molto meno senza riuscire però a capirne bene il motivo. Li ho osservati col brutto tempo, in giornate di nebbia ed in giornate soleggiate, per quanto riguarda il meteo direi che la situazione più sfavorevole è nelle mattine di vento dove tendono a non entrare nemmeno in arena. Alla fine dei giochi i maschi si involano all’unisono sostando in alcuni casi sulla cima delle piante circostanti.
Per concludere vorrei sottolineare che questi momenti, sebbene estremamente affascinanti, sono anche molto delicati. E’ l’unico periodo dell’anno in cui può avvenire l’accoppiamento e non sempre la nidificazione ha successo, si tratta di un animale cacciato e soggetto alle conseguenze negative dovute alla presenza assidua dell’uomo in montagna. Per questi motivi è fondamentale adottare un comportamento molto rispettoso, bisogna arrivare sul posto di notte ed andarsene molto dopo che se ne sono andati loro, ridurre al minimo il rumore che si può generare nel capanno sapendo di dover sopportare a lungo il freddo e la scomodità. Bisogna rispettare il loro ritmo e saper rinunciare ad alcuni scatti se il momento non è opportuno.